LUNEDI' 19 AGOSTO
Oggi siamo andati a Kisumu. La città, la terza per importanza del Kenya, si affaccia sul Lago Vittoria, dibattuta sorgente del fiume Nilo insieme al lago Tanganika e secondo lago d’acqua dolce del mondo. Caotica ma inaspettatamente pulita, la città affianca la realtà dei resort con piscina e vista lago per i turisti e delle ville elettrificate con antifurto a spazi aperti di povertà. Abbiamo visto lavare le automobili nel lago e visitato il mercato.
COME SI FA – Come lavarsi i denti in Africa. Non usare acqua di rubinetto, a meno che non si desideri sperimentare un attacco di dissenteria. Prendere una bottiglietta d’acqua (non importa se naturale o frizzante). Controllare che sia sigillata. Aprirla e versarne il contenuto in un bicchiere, sino a riempirne metà, sufficiente per svolgere l’intera procedura di lavaggio. Per i più prudenti, usare il colluttorio almeno una volta al giorno. Nel caso in cui vogliate fare uno scherzo a Francesco, sostituite la sua bottiglietta d’acqua con altra bottiglietta riempita di acqua del rubinetto. Apprezzerà.
MARTEDI' 20 AGOSTO
Oggi giro di alcune delle chiese e delle scuole che Padre Christopher sta costruendo nella parrocchia di Siongiroi.
IL FATTO DEL GIORNO – “Sulle strade del mondo”, questo è il tema della prossima giornata mondiale missionaria. Nell’addentrarci all’interno del territorio, su strade dissestate e divertenti da percorrere, ci siamo resi conto che in Africa la vita si incontra sulla strada: l’Africa è trasparente perchè la vita si incontra sulla strada, i negozi sono lungo la strada, i bambini giocano sulla strada; è l’Africa stessa che si riesce a conoscere proprio muovendosi sulla strada. Invero Siongiroi come paese si sviluppa su una strada in orizzontale; nel giro odierno, invece, le strade da essa si diramavano fra i campi; strade fangose, difficili da percorrere in automobile, che portano in posti in apparenza isolati e nei quali invece si è sempre ben accolti. La parrocchia è distribuita su un territorio vasto, Christopher sta costruendo ovunque chiese e scuole, che qui sono il punto centrale attorno al quale si sviluppa la comunità. Tranne una, scuole e chiese visitate sono state le stesse del 2011, ed è stato bello vedere i progressi compiuti nelle costruzioni. Nel percorrere le strade in automobile, i bambini correvano attraverso campi per salutarci, è davvero una bella sensazione vedere tanti visi sorridenti che cercano di raggiungerti. Sara si è sentita il Papa sulla Papa-mobile ed ha elargito qualche benedizione. A Francesco è piaciuto osservare l’architettura dei vari progetti di costruzione delle chiese della parrocchia; ogni chiesa ha uno stile diverso, Padre Christopher non ne progetta mai due uguali; in qualità di arredatore, a Francesco piacerebbe contribuire con delle idee. Nella prima chiesa visitata l’accoglienza è stata fantastica, canti, balli, chai e biscotti, ed abbiamo potuto incontrare bambini ed anziani, alcuni con il grande lobo bucato nelle orecchie. Nell’ultima scuola, inedita rispetto al 2011, abbiamo trovato ampi spazi aperti come nella “nostra” scuola di Siongiroi: i bambini che ci attendavano avevano ciascuno una ruota, in pratica tanti “Ruotolo” con cui è stato bello improvvisare una gara entusiasmante di corsa con la ruota. Tornando verso casa abbiamo incontrato un bambino su una bici grande 3-4 volte lui e lo abbiamo ribattezzato provvisoriamente “Biciclettolo”. Isabella ha incrociato una giovane donna che, riferendosi a noi, le ha detto: “Fermali, voglio almeno salutarli, voglio “assaggiare le loro mani”...”: il desiderio di conoscerci di queste persone è quasi fisico, il nostro passaggio non li lascia mai indifferenti. Al tramonto, Cristina è stata invitata da una ragazza della scuola che vive nel villaggio ad entrare nella propria casa: non era una capanna ma una casa strutturata in diversi scompartimenti (zona cucina, zona letto, zona dispensa, zona per accudire gli animali), piccola ma accogliente, con divani, sedie, persino fotografie. “La Siongiroi delle capanne esisterà ancora fra 10 anni?” Osservando le differenze fra il 2011 ed il 2013 spesso ci facciamo questa domanda. Alla sera musica: Suor Jola “Mdogo”, avvicinando un bambino che non poteva ballare perchè teneva il fratellino sulle spalle, gli ha chiesto di metterlo sulle sue spalle con il kanga all’africana, ed il bambino le si è addormentato addosso.
COME SI FA – Come andare a correre in Africa. Indossare l’abbigliamento usato il giorno prima e scarpe da ginnastica. Scegliere la via da percorrere sulla base della fangosità della stessa. Sulla strada si incontrano supporters (“Giraf, Giraf!”) e “Citofoni” (“Ciaoooo!”). Fare 1, 2 o 3 giri del percorso a seconda delle proprie capacità. Concludere rimuovendo il fango dalle proprie gambe. Nel caso in cui vi perdiate per strada, fatevi raggiungere: un bambino africano sa sempre tornare a casa.
MERCOLEDI’ 21 AGOSTO
Oggi una giornata piena di incontri: al mattino con giovani di varie età, in particolare 18-20 anni, presenti alla scuola per un seminario di tre giorni, cui sono seguiti il pranzo con il Consiglio Pastorale, un nuovo incontro con i genitori dei bambini del villaggio e la visita al bar di Richard.
L’AFRICA E’ – Contraddizioni. Volere fare le cose “pole pole”, lentamente, e poi fissare in una sola giornata 4 incontri con gruppi e persone differenti. È comprensibile, ad esempio, che Padre Christopher avesse organizzato il pranzo con il Consiglio Pastorale, in pratica i suoi più stretti collaboratori, e siamo stati contenti di avere avuto l’opportunità di incontrare queste persone che tanto si sono adoperate per rendere possibile e confortevole la nostra visita. Allo stesso tempo, però, ci è dispiaciuto che l’incontro coi genitori dei bambini del villaggio fosse stato fissato quasi in contemporanea, sicché non si è riusciti a godere anche della presenza di questi altri nostri ospiti. Quando i bambini sono entrati nel giardino della casa, abbiamo visto come fossero stati dai genitori accuratamente lavati ed indossassero l’abito bello. Durante l’incontro queste persone del villaggio, le più povere di Siongiroi, hanno anche voluto svolgere una cerimonia nella quale ci hanno offerto dei doni, fra cui delle brocche vuote di maziwa lala. L’incontro con il Consiglio Pastorale, peraltro, si era svolto all’aperto, in giardino; qui si usa dare agli ospiti, come segno di ospitalità, piatti con porzioni abbondanti, ma l’abbondanza di cibo nei piatti e sulle tavole ci ha procurato un po’ di disagio, perchè alle nostre spalle di tanto in tanto comparivano i bambini del villaggio, che di cibo ne hanno davvero poco. Avremmo preferito che la giornata venisse organizzata meglio come tempestiche, per poter donare a tutte le persone il giusto tempo. Un altro aspetto emerso durante l’incontro con il Consiglio Pastorale è stato che i membri del Consiglio non si sono alzati per prendersi il cibo, ma hanno atteso di venire serviti. Sotto vari aspetti, Padre Christopher sta cercando di apportare dei cambiamenti alla mentalità delle persone del luogo, sotto tale aspetto, evidentemente, la strada è ancora lunga. Matteo e Paolo si sono offerti di servire il pranzo, al posto delle donne, con l’idea di proporre un modello di comportamento in cui a servire a tavola siano anche gli uomini. Durante il pranzo, il Consiglio Pastorale ha proposto come priorità da realizzare questi progetti: l’acqua, le aule della Secondary School, la casa parrocchiale vicino alla chiesa, la scuola professionale per le ragazze, il dispensario sanitario; il dormitorio della Primary School invece è stata un’emergenza affrontata in questo mese.
GIOVEDI’ 22 AGOSTO
Oggi ci siamo divisi. Alcune ragazze sono rimaste in casa, per farsi fare i capelli l’africana. Gli altri membri del gruppo sono andati alla scuola, per un incontro coi giovani sul tema della “vocazione personale”. Infine si è fatta una veloce uscita in una scuola vicina per valutare l’opportunità di estrarre l’acqua dal fiume con una pompa, creando un acquedotto di collegamento, anzichè scavare un pozzo.
IL FATTO DEL GIORNO – Nel primo pomeriggio abbiamo fatto un giro sul Pk di Padre Christopher. Il Pk è il fuoristrada che nel 2011 usavamo abitualmente per i nostri spostamenti. Quest’anno lo avevamo sempre visto fermo parcheggiato nella scuola, con una gomma a terra. Usciti dall’incontro vocazionale con i giovani, durante il quale abbiamo parlato delle 4 vocazioni prendendo spunto dalle nostre vite personali (vita sacerdotale, vita religiosa, vita matrimoniale, laicato), abbiamo trovato Matthew che lavava il Pk in un modo particolare. C’era infatti un bambino che “pedalava” su una bici-pompa per estrarre, attraverso un tubo di gomma, l’acqua dalla pozza, facendola arrivare tramite un secondo tubo sino all’oggetto da lavare o bagnare. Terminato il lavaggio, siamo saliti nel cassone del Pk, pronti a sfidare le strade dissestate di Siongiroi con lo stesso spirito con cui si affronta un giro sulle montagne russe. Suor Jola “Mtakatifu” e Suor Jola “Mdogo”, in piedi, sembravano benedire le persone che, lungo la strada, al solito ci salutavano con simpatia. Le due suore sembravano il Papa emerito ed il Papa in carica entrambi a bordo della Papa-mobile. Ad un certo punto, al loro passaggio, un signore anziano si è fatto il segno della croce, non sappiamo se per scaramanzia o rispetto. È stata una scena molto buffa da vedersi. SPQM, Sono Pazzi Questi Muzungu! Christopher ci ha portati sino ad una scuola che si procura l’acqua necessaria estraendola dal fiume. In pratica, vicino al fiume è stata posizionata una pompa che estrae l’acqua e la invia, tramite un piccolo acquedotto lungo circa 1 chilometro, sino alla scuola. L’idea di Padre Christopher sarebbe quella di integrare questo sistema già esistente costruendo l’acquedotto sino alla scuola di Siongiroi, per altri 4 chilometri. La portata del fiume sarebbe sufficiente, essa è costante tutto l’anno ed è paragonabile a quella del nostro fiume Sangone quando affluisce nel Po. Sarebbe comunque necessario costruire anche un sistema di filtraggio dell’acqua e valutare la sostituzione della pompa, per renderla idonea a servire due scuole anzichè una, o l’affiancamento alla stessa di una seconda pompa solo per la scuola di Siongiroi.
COME SI FA – Come farsi i capelli all’africana. Occorre avere molta pazienza e spirito di sopportazione. L’operazione è dolorosa e può durare sino a 5 ore. Se realmente determinate, comprare in un negozio i capelli finti e recarsi da una parrucchiera, o convocarne una a domicilio. Vi farà sedere e poi inizierà ad intrecciare i capelli finti ai vostri capelli veri, uno ad uno. Nell’intrecciare i vostri capelli, la ragazza li tirerà senza pietà, forse perchè qui le donne hanno i capelli corti e quindi le parrucchiere non sono abituate a maneggiare capelli veri nè sono consapevoli del dolore che il gesto può provocare.
VENERDI’ 23 AGOSTO
Oggi abbiamo visitato alcune delle case del villaggio. Cristina, Serena e Francesco prima hanno fatto lezione di pronto soccorso con i giovani presenti nella scuola per il seminario e poi sono andati a lezione di chapati nel bar di Richard, che ha loro mostrato anche il dispensario di Siongiroi. Renato ha partecipato ad una cerimonia di “Bentornata a casa” per un’ex studentessa di Padre Christopher laureatasi in Russia. La ragazza indossava un ornamento masai. Nel pomeriggio, durante l’incontro conclusivo coi giovani nella scuola, è giunta la notizia della morte della figlia trentasettenne di uno dei membri del Consiglio Pastorale, che aveva svolto il ruolo di testimone durante la cerimonia di rinnovo dei voti nuziali di Serafino e Marie-Claire nel 2011. Alla sera, durante la proiezione del film per i bambini del villaggio, abbiamo visto la luna rossa.
IL FATTO DEL GIORNO – Ogni giorno incontriamo i bambini del villaggio, per giocare, passeggiare insieme, guardare un film. Oggi siamo andati nelle lore case, per vedere dove vivono e conoscere le loro famiglie. Di base, la capanna ha una forma rotonda. Il tetto è fatto di rami di legno e paglia, le mura di fango che ricopre una struttura in legno. All’interno, la capanna si può dividere in più zone, tutte vicine, cucina, letto, ... Si dorme in ripari ricavati nel pavimento, di solito su una stuoia. Sotto il tetto vi è una sorta di soppalco, sempre in rami di legno, usato per la dispensa. All’esterno, la capanna ha un ampio terreno, coltivato per le esigenze della famiglia. Le famiglie più ricche hanno animali da cui traggono il proprio sostentamento. Una mattina all’alba abbiamo visto mungere una mucca per avere il latte per la colazione. Se questa è la struttura base di una casa del villaggio, vi sono anche delle varianti. Esistono case più complesse, con camere in stile occidentale, e capanne arredate in maniera curiosa, ad esempio con icone di Gesù o con manifesti elettorali, in una c’era persino una televisione. I vari bambini ci hanno portato con orgoglio ciascuno nella propria capanna, per mostrarci il luogo in cui vivono. È stato bello associare una casa ad ogni volto, e conoscere le storie di alcune delle famiglie nostre vicine di casa. Dennis, ad esempio, ha un papà che si è sposato giovane perchè era orfano e figlio unico, ed una sorella che ha una malattia cardiaca. Esau vive solo con la nonna. Ciucciolo ha 6 fratelli. Ogni volto ha la sua storia, che oggi abbiamo conosciuto un po’ meglio.
COME SI FA – Come si prepara un chapati normale. Prendere una bacinella grossa, inserirvi acqua e poco meno di 2 kg di farina. Impastare, aggiungendo di tanto in tanto acqua e farina; aggiungere inoltre zucchero, sale ed olio. Fare riposare per 20 minuti. Aggiungere farina, tagliare delle strisce e dividere ciascuna striscia in due per formare delle palline. Stendere le palline con il mattarello. Prendere una padella, ungerla d’olio e friggere ciascuna pallina. Per una versione differente del chapati, più morbida e soffice, prima di friggere reimpastare una seconda volta aggiungendo farina ed olio.
SABATO 24 AGOSTO
Oggi siamo tornati a Kericho, per partecipare alla messa celebrata dal vescovo della diocesi, Emmanuel Konbo.
IL FATTO DEL GIORNO – Il viaggio si è svolto su un grande autobus, in quanto insieme a noi sono venuti a Kericho alcuni giovani della scuola ed altri abitanti di Siongiroi. È stato bello sentirsi un unico gruppo, in particolare al momento dell’offertorio, quando, fra canti e balli, siamo stati chiamati a portare all’altare, tutti insieme, le offerte, proprio come se fossimo lì in rappresentanza di un’unica parrocchia. È stato bello anche l’incontro col vescovo, il fatto che questo incontro si svolgesse ormai alla conclusione del viaggio è stato come chiudere un cerchio: a giugno avevamo ricevuto il mandato dal vescovo di Torino, oggi abbiamo incontrato il vescovo di Kericho che ci ha chiesto di portare i suoi saluti al suo pari della nostra diocesi. Una caratteristica di questa terra è il dono della musica: anche oggi canti e balli in chiesa sono stati spettacolari, e durante il viaggio di ritorno in pullman i giovani della scuola hanno voluto intonare nuovamente alcuni di essi, dando vita ad un momento emozionante. Prima di salutare definitivamente Kericho e le sue distese di the, che oggi abbiamo potuto ammirare baciate dal sole, nel loro verde così bello da sembrare dipinto, abbiamo fatto visita nuovamente alla famiglia di Padre Christopher. Questa volta a ciascuno di noi è stata regalata una confezione di chai, a qualcuno durante la serata è sfuggito un commento su quanto fosse buono qui il the e subito hanno voluto farcene dono. L’Africa è davvero una terra in cui chiedi e ti verrà dato.
COME SI FA – Come farsi una doccia in Africa. Prendere due catini di quelli che si usano per fare il bucato. Riempire d’acqua il primo catino. Spogliarsi ed entrare nel secondo catino. Iniziare e concludere la procedura di lavaggio, usando le mani, la spugna o altri strumenti come la brocca vuota del maziwa lala. Non fare uscire l’acqua al di fuori del diametro del catino per evitare di allagare il pavimento. Non preoccuparsi del colore marrone dell’acqua raccolta dentro il catino alla fine della procedura. In alternativa, fare un viaggio in matatu in un giorno di pioggia.
DOMENICA 25 AGOSTO
Oggi abbiamo partecipato alla messa di commiato dalla comunità di Siongiroi. A seguire, alcuni di noi hanno partecipato ad una messa per la ragazza defunta di cui abbiamo scritto negli scorsi giorni, cui hanno presenziato moltissime persone, compresi i protestanti. Al termine della cerimonia il padre della ragazza ha fatto un discorso di ringraziamento sembrando invero calmo e sereno; in Africa la morte è evidentemente sentita davvero come parte della vita e non come un evento eccezionale. Altri fra noi hanno utilizzato le ore pomeridiane per fare visita ad alcune case di gente del luogo, scoprendo altri dettagli particolari di vita africana: qui ad esempio è considerato segno di ricchezza avere un pollaio o potersi permettere di andare dalla parrucchiera a farsi i capelli, come hanno fatto negli scorsi giorni le ragazze del nostro gruppo. Abbiamo fatto visita anche alla casa di Pauline, una delle maestre della scuola, la cui nipote le aveva chiesto ripetutamente: “Ma i muzungu quando vengono a visitare la nostra casa?”. La sua casa appare come un piccolo angolo idilliaco, con un laghetto nel quale abbiamo visto riflesso il tramonto.
IL FATTO DEL GIORNO – Oggi si è svolta la messa di commiato dalla comunità di Siongiroi. Canti, balli, doni, la chiesa stracolma di gente venuta anche da lontano per salutarci, la celebrazione si è svolta in maniera simile a quella che 3 settimane fa era stata la celebrazione di accoglienza: la vera differenza è stata dentro di noi. Se tre settimane fa non avevamo ancora davvero incontrato questa terra, oggi ce ne sentiamo parte e non vorremmo staccarcene più. Alcuni di noi, al momento dei saluti, si sono commossi, come Cristina, ed è stato bello vedere riflessa negli occhi delle persone sedute di fronte a noi, in particolare i membri del coro e del consiglio pastorale, la stessa commozione. È stato bello anche vedere mescolati fra la folla, oltre ad alcuni bambini della scuola, quei bambini del villaggio che sono stati con noi ogni giorno. Ciucciolo ballava in maniera buffissima, e di tanto in tanto si metteva a fare le boccacce ad una mucca che sembrava voler entrare in chiesa. Se l’altra volta eravamo stati stupiti, travolti, dalla spettacolarità dei balli e dei canti, questa volta ci siamo sentiti più partecipi: conoscere già questi balli e questi canti ci ha permesso di interagire meglio, di ballare e cantare anche noi insieme agli altri. I doni sono stati tutti molto belli, in particolare i kanga per le ragazze, doppi, ed una brocca data da Christopher a Suor Jola come gesto di ringraziamento per avere portato, dopo il precedente viaggio del 2011, nuovi amici italiani a Siongiroi. La brocca serve a conservare e rinfrescare l’acqua ed è stata data da Christopher a Jola come un dono molto personale, “come il tuo velo”. Alla fine della messa le persone sono venute a salutarci ad uno ad uno, dandoci dei soldi in mano come noi avevamo fatto col vescovo ieri a Kericho. Come sempre, in Africa non poteva mancare il momento dei discorsi: fra i tanti, vogliamo citarne almeno uno, quello di una signora che vedendo i bambini avvicinarsi a noi in strada per giocare, aveva chiesto loro di non importunarci, ma i bambini le avevano risposto che eravamo noi a voler giocare con loro. Qui sono solo madri e maestre ad occuparsi dei bambini, il fatto che noi ci siamo presi cura di loro, il fatto che spesso fossimo per la strada con i bambini per mano o sulle spalle, ci ha procurato la simpatia della gente del luogo, che è rimasta colpita favorevolmente. Anche noi abbiamo fatto un discorso ciascuno, anche in questo caso vogliamo citarne almeno uno, quello di Miriam che, facendo riferimento al passo del Vangelo in cui si dice che nel regno dei cieli si entra per una piccola porta, ha voluto dire agli abitanti di Siongiroi che essi erano riusciti ad entrare tutti quanti nel suo piccolo cuore.